Nino Contini (1906-1944) giunge al campo di internamento Urbisaglia (Abbadia di Fiastra) il 16 giugno 1940 alle ore 20.30, insieme ad una “cospicua colonia di giovani ferraresi”, come riportato dall’internato Carlo Alberto Viterbo in una lettera alla famiglia datata 30 giugno 1940.
Laureato in legge, lavora giovanissimo presso lo studio Ravenna e poi in proprio. Alpinista, pilota provetto, padre e marito devoto, negli anni venti Nino si diletta di poesia ed è un lettore vorace.
I genitori gestiscono un emporio nella Piazza della Cattedrale, mentre lo zio Ciro Contini firma il piano regolatore di Ferrara nel 1926.
Questo mondo si incrina negli anni trenta, quando Nino ed altri si impegnano ad accogliere gli ebrei tedeschi in fuga dalla Germania nazista e a maturare una chiara scelta antifascista.
La polizia del regime definisce Nino il “noto ebreo antifascista Contini avvocato Nino” (1.04.1939) e lo fa pedinare e sorvegliare. La situazione precipita il 13 giugno 1940, quando Nino Contini viene arrestato e pochi giorni dopo internato a Urbisaglia, mèta tristemente conosciuta ai ferraresi, tanto da comparire come minaccia nel celebre romanzo di Giorgio Bassani (Il giardino dei Finzi-Contini, cap. 4):
«Non era davvero ammissibile che il giardino di casa Finzi-Contini venisse trasformandosi a poco a poco in una specie di club concorrente del Circolo del Tennis Eleonora d’Este, una istituzione, questa, tanto benemerita dello sport ferrarese. Dunque, alto là: a scanso di sanzioni ufficiali, “tipo soggiorno obbligato in Urbisaglia per un periodo di tempo da determinarsi”, d’ora in poi nessun iscritto all’Eleonora d’Este avrebbe potuto essere distratto dal suo ambiente naturale».
Nino Contini annoterà tutte le sue vicissitudini nei suoi diari che i suoi figli, a distanza di oltre sessant’anni, hanno pubblicato nel volume Nino Contini (1906-1944). Quel ragazzo in gamba di nostro padre (Giuntina, 2012).
I diari coprono un periodo di cinque anni, dal 1939 al 1944, iniziati quando Nino è ancora a Ferrara e continuati quando si ritrova internato a Urbisaglia, e poi alle Tremiti e a Pizzoferrato, in provincia di Chieti, dove lo raggiungono la moglie Laura Lampronti, pianista, e i figli, Bruno e Leo.
Dopo l’8 settembre, mentre lo zio e il cugino, Vittorio e Mario Hanau, vengono assassinati nell’eccidio del Castello Estense, Nino riesce a raggiungere con la famiglia Napoli e si getta nell’impegno politico, militando nelle file del Partito d’Azione nell’Italia liberata, in stretta collaborazione con Ugo La Malfa.
«Era felice», scrive il fratello che lo incontra pochi giorni prima della morte, avvenuta a causa di una malattia allora incurabile, nel 1944.